Terre d’Aenor Winery in Franciacorta
Una cantina scavata tra le colline e il lago d’Iseo
Le colline a ridosso delle pendici montuose sono un ambiente ideale per la coltivazione della vite. Soprattutto se occupano il versante a sud delle Alpi, sempre esposto al sole e protetto dai venti freddi del nord. La cosa si ripete su tutto l’arco alpino, dal Piemonte al Friuli, comprendendo le pendici della Lombardia, quelle del Veneto e del Trentino Alto Adige. Basta ricordare i vini più conosciuti come il Barbera, il Cortese di Gavi, lo Chardonnay, l’Erbaluce, il Prosecco.
Ma oltre all’esposizione anche il terreno conta molto: deve essere drenante, per non impigrire troppo la vite e costringerla a dare il meglio di profumi e fragranze. I terreni morenici, modellati dall’erosione dei volumi rocciosi delle Alpi meridionali, sono in tal senso ideali. In questi terreni si producono vini bianchi profumati e acidi, perfetti per essere imbottigliati con il metodo champenois. Non è un caso quindi che l’area che lambisce il lago d’Iseo, che produce il Franciacorta, sia ormai accreditata tra le più note e ricercate.
Ci chiedono una nuova cantina, dopo la nostra prima e sperimentale realizzazione a Mezzocorona in Trentino, che aveva aperto le porte delle cantine, in Italia, all’architettura contemporanea.
Come a Mezzocorona e come ci è solito, partiamo dai luoghi, dal contesto, dai caratteri del paesaggio che, a saperli leggere, contengono gran parte della creatività di cui abbiamo bisogno.
Le analogie con Mezzocorona sono molte e sorprendenti: entrambe sono infatti collocate in un sito “degradato”: tra fabbriche dismesse in Trentino e in questo caso attorno ad una discarica di materiali edili. Entrambe sono collocate lungo le pendici montuose delle Alpi: la prima della Valle dell’Adige, dove il terreno spiana, questa ai piedi dell’ultima collina boschiva che introduce alla piana di Sebino. Entrambe sono anche terre d’acqua, vicine ad un fiume e ad un lago che identificano tutto il territorio circostante. Entrambe infine sono il frutto di una strategia imprenditoriale che interpreta la cantina come occasione di riqualificazione e di incontro sociale, come un’attrezzatura a servizio della comunità, con spazi per la produzione, la lavorazione, l’imbottigliamento e la spedizione del vino, ma anche con spazi collettivi e attrezzature, in grado di creare socialità oltre che attrarre consumatori.
Come ha insegnato l’esperienza di Mezzocorona, questi ambienti possono essere infatti un’occasione formidabile per unire le buone architetture con la socialità e la produzione. Che fare allora?
Partire come sempre dal contesto e dal paesaggio. L’area agricola dove intervenire è di fatto una depressione parzialmente riempita negli anni con materiale di scarto, che va asportato e bonificato.
Inserendo il nuovo edificio nella depressione, possiamo abbassare la quota di copertura che si viene così a trovare in continuità con la collina retrostante. A maggior ragione se l’intera copertura dell’edificio diventa un vigneto sperimentale, una superficie coltivata.
La cantina diventa così parte integrante del paesaggio, ad eccezione di una piazza centrale, dove si affacciano tutte le funzioni collettive, dal bar all’area commerciale, dal teatro ad uno spazio di 1500 metri quadrati, che come un’antica aia diventa il fulcro della composizione architettonica.
La piazza/aia, viene poi protetta da una grande copertura in acciaio corten, che può ospitare molteplici attività e manifestazioni all’aperto durante tutto l’arco dell’anno.
Un guscio di acciaio arrugginito, con soli tre appoggi, che galleggia nell’aria e che si riflette sullo specchio d’acqua sottostante.
Una superficie che viene incisa con più fori, ognuno con una diversa forma e inclinazione, in modo da catturare le inclinazioni dei raggi del sole e proiettare sul pavimento della piazza dei cerchi di luce che segnano l’inizio e la fine della vendemmia.
Una copertura che, come una meridiana gigantesca, scandisce le stagioni che sono la ragione, il senso stesso dell’attività agricola.